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L'opinione

G8, l’italica ipocrisia postuma

Tutti continuano a fingere di aver dimenticato la cosa più importante, cioè che cosa successe a Genova e che cosa è successo dopo

Alla fine viene da chiedersi: ma a che diavolo è servito tutto questo can-can su Gianni De Gennaro? Che cosa resta di quei giorni lontani, ma drammatici; e di queste ore all’insegna del viso dell’arme e con tanta ipocrisia postuma? Ben poco, verrebbe da dire. Il prefetto è rimasto al suo posto presidenziale; il governo gli ha confermato piena fiducia e perfino Cantone il censore lo ha assolto da ogni colpa; in quanto al Pd di lotta e di governo, come al solito si è spaccato, stavolta in tre: i “lealisti” con Matteo Renzi: De Gennaro resti lì; i “Torquemada” con Matteo Orfini: vada a casa!; e i “confessionali” con Debora Serracchiani: decida la sua coscienza. Tutti, comunque, con notevole ipocrisia continuano a fingere di aver dimenticato la cosa più importante, cioè che cosa successe a Genova e che cosa è successo dopo. Allora proviamo a ricapitolare noi. Perché memoria resti.

La Corte europea di giustizia ha svelato, facendoci fare una figuraccia a posteriori, cio che noi all’epoca avevamo nascosto nel tentativo maldestro di non fare, appunto, una figuraccia: quel 21 luglio di quattordici anni fa, mentre era in corso il G8 pomposamente interpretato da Silvio Berlusconi, nelle aule della scuola Diaz, si compì ciò che civiltà vorrebbe non si compisse mai: decine di ragazzi furono maltrattati, picchiati, torturati dalla polizia e i giudici di Strasburgo ce lo hanno spietatamente rinfacciato, spingendoci ora ad approvare una legge sulla tortura che avremmo dovuto promuovere molto prima e che invece abbiamo seppellito per anni assieme alla verità dei fatti.

Secondo, ci siamo improvvisamente ricordati che intorno a quell’abisso di inciviltà si sono consumate insieme una vicenda giudiziaria e una politica. Gli esiti processuali, fino alla Cassazione, hanno concesso a De Gennaro una piena assoluzione che gli ha restituito l’onorabilità e la possibilità di restare nel grande giro: da capo della Polizia a commissario per i rifiuti in Campania, da numero uno dei servizi segreti a sottosegretario alla sicurezza (nel governo Monti) a presidente di Finmeccanica (governo Letta), con il pieno appoggio sia del Pd che di Berlusconi e l’autorevole benedizione di Giorgio Napolitano. Ora, gli stessi che all’epoca si accontentarono di sacrificare tre funzionari di polizia, tre pesci piccoli, e hanno invece assolto, promosso, incensato De Gennaro per quindici anni dopo quei fatti, vorrebbero rottamarlo, e non capisci se a muovere tanto improvviso rigore sia la voglia di mettersi l’anima in pace o una qualche contingenza politica.

Ecco, la vicenda politica, si diceva. Quella l’ha mirabilmente sintetizzata Claudio Scajola, allora ministro dell’Interno, e quindi capo del capo della polizia. Prima che il G8 cominciasse i suoi lavori, ha ammesso alla “Stampa” l’ex ministro di un governo di destra nel pieno della sua potenza appena riconquistata, era stato alimentato un clima da scontro orchestrando sui giornali della famiglia Berlusconi una campagna di terrore e odio. Lo dice lui. E in più, nelle file della Polizia era andata montando una voglia di rivincita nei confronti di manifestanti e no-global dopo gli scontri di pochi mesi prima al Global Forum di Napoli al termine dei quali erano stati arrestati otto poliziotti. Lo dice sempre Scajola. Quando, insomma, il povero Carlo Giuliani viene ucciso, è come se fosse stato dato fuoco alle polveri. Ed è sempre l’ex ministro degli Interni di Berlusconi a fare queste affermazioni.

Questo era il clima. Allora colpì che la vicenda non avesse subito conseguenze, se non legali almeno politiche. Come colpisce oggi che si pensi a rimediare tutto con una punizione esemplare a posteriori. Ma l’italica schizofrenia

politica è nota al mondo almeno quanto l’irrazionale impulsività di aggrapparci a qualunque evento che ci costringa a fare ciò che avremmo dovuto fare prima, ma che non avemmo il coraggio di fare. Salvo scoprire, come in questo caso, che è troppo tardi.

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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