domenica 8 marzo 2009

8 marzo: la bufala dell’incendio in fabbrica

Per l’ultima volta: la storia dell’incendio nella fabbrica americana che sarebbe avvenuto il giorno 8 marzo 1908, e nel quale sarebbero morte oltre 100 operaie tessili, è una bufala. Una sciocchezza. Una provata falsità. Chiunque faccia riferimento alla fantomatica fabbrica Cotton di New York e al suo altrettanto fantomatico proprietario Mister Johnson narra una vicenda suggestiva, ma mai accaduta e priva dei più ovvi riscontri (vedi “La prova” a fondo pagina).

La caratteristica peculiare delle bufale è che sono persistenti e tutti ci credono pervicacemente. Io stessa ci credevo. Qualche anno fa ebbi una conversazione con un giornalista più anziano che si svolse grossomodo così.

La leggenda
“Che storia questa della festa della donna” dico io. “E’ diventata come San Valentino, e invece dovrebbe essere un momento di riflessione sull’uguaglianza tra gli esseri umani, senza distinzione di sesso. E poi è un anniversario terribile: la giornata è stata scelta per ricordare la morte di tante operaie in America, che lavoravano in condizioni orribili…”
“Per la verità” dice lui “l’8 marzo di tanti anni fa non c’è stato nessun incendio in nessuna fabbrica. E’ una pura leggenda.”

Io mi sentii un po’ scema e non potei non pensare che in errore era lui, e che parlava così perché era maschio e forse anche un po’ maschilista. E invece aveva ragione. Secondo la leggenda, dunque, alcuni giorni prima dell’8 marzo 1908, le operaie di un’industria tessile di New York che si chiamava “Cotton” (che vuol dire “cotone”: un nome inventato anche con poca fantasia) entrarono in sciopero per protestare contro le inumane condizioni di lavoro alle quali erano sottoposte. Lo sciopero proseguì per giorni finché, l’8 marzo, il proprietario della fabbrica, che si chiamava Johnson (anche qui, spreco di fantasia) chiuse le operaie all’interno bloccando tutte le uscite. Lo stabilimento fu devastato da un incendio e le operaie prigioniere fecero una fine terrificante. Secondo una versione della storia che rasenta il ridicolo e risuona di antiche cacce alle streghe, sarebbe stato lo stesso Johnson ad appiccare il fuoco.

La verità
Un grave incidente in una fabbrica tessile ebbe luogo a New York il 25 marzo 1911, tre anni e alcuni giorni dopo. E questo disastro ha poco a che fare con l’emancipazione femminile e soprattutto non ha niente a che fare con la giornata della donna. Su questa pagina dal sito de L’Unità c’è addirittura un video che riproduce una serie di impressionanti immagini d’epoca e in didascalia riporta la solita favola della fabbrica Cotton. Si tratta di un errore. Come potete facilmente verificare voi stessi, le foto documentano l’incendio della Triangle Waist Company (o Triangle Factory) del 25 marzo 1911 (vedi in particolare questa pagina).

I morti nel disastro furono 146, uomini e donne, tutti lavoratori immigrati, in prevalenza italiani ed ebrei di provenienza europea. Morirono perché scoppiò un incendio, le uscite principali della fabbrica erano chiuse, e non c’erano uscite di sicurezza.

L’incendio della fabbrica Triangle in America non è un simbolo della parità negata tra i sessi, ma degli eccessi dell’industrializzazione; per questo viene ricordato. Due anni prima, i lavoratori della Triangle erano entrati effettivamente in sciopero: i proprietari della fabbrica approfittavano della vulnerabilità degli immigrati forzandoli a lavorare in condizioni di sicurezza precarie. Curiosamente per una città che demolisce i propri palazzi come fossero castelli di sabbia, e li ricostruisce a tempi da record, l’edificio della fabbrica Triangle è ancora in piedi, dalle parti di Washington Square Park.

La prova
Se avete in programma un viaggio nella Grande Mela, vi consiglio di visitare il Museum of the City of New York che si trova nell’Upper East Side, al numero 1220 di Fifth Avenue. In una sezione sono ricordati tutti gli incendi che purtroppo devastarono la città: quello della fabbrica Triangle nel 1911, quello del 1876 (in un teatro di Brooklyn, che causò 300 morti), quello del 1835 (il Great Fire, che distrusse 700 edifici) e quello, ancora precedente, del 1776 (che lasciò migliaia di persone senza casa). Della fabbrica Cotton del 1908 non c’è traccia.

Foto di apertura: crabchick.

11 commenti:

Ali ha detto...

Molto interessante e mi ha aperto tante riflessioni

Bizzarra Vivida ha detto...

Complimenti , un altro falso mito post moderno sfatato…sarebbe interessante approfondire se la celebrazione di falsi miti, crei anche una perdita di energia interiore negli esseri umani.

Buona Pasqua e in bocca a lupo per il tuo nuovo libro.

Giorgia ha detto...

fantastico. motivo in più per abolire la festa dell'8 marzo. facciamo quella del 25, invece. degli immigrati, dei clandestini, dei nuovi schiavi. forse ce ne sarebbe davvero bisogno.
noi, ormai, siamo troppo impegnate con parrucchieri, lifting, beauty farm...
baci

Rita Charbonnier ha detto...

Grazie, Giorgia. Sì, la giornata del 25 marzo oggi sembrerebbe davvero necessaria. Urgente, anzi. Un abbraccio.

Anonimo ha detto...

'Triangle Shirtwaist Company' era il nome della compagnia dove morirono 140 lavoratrici... tra cui italiane ed ebree... storicamente chi lavorava nel tessile era prevalentemente forza lavoro femminile (e tutt'ora le statistiche rivelano questo dato) ... bah...

Rita Charbonnier ha detto...

Nonostante il commento che precede sia anonimo, non lo cancellerò, ma in compenso pregherò questa ignota persona di sopportare una piccola lezione di lingua inglese.

“Shirtwaist” o “waist” vuol dire “camicetta”, “company” vuol dire “società” e “factory” fabbrica. Gli americani tendono a scrivere in maiuscolo tutte le parole che compongono un titolo. Per cui trovare scritto “Triangle Shirtwaist Company” o “Triangle Factory” o simili è esattamente identico. La fabbrica si chiamava Triangle, punto. I morti non furono 140 ma 146 ed è giusto pensare che fossero prevalentemente donne, poiché erano sarte; ma non erano tutte donne. Erano giovani lavoratori immigrati e giovani lavoratrici immigrate.

In ogni modo la sostanza non cambia: comunemente si ritiene che la data dell’8 marzo sia stata scelta per via di un incidente industriale mai avvenuto; quello realmente avvenuto non si verificò l’8 marzo e solo in Italia circola questa panzana. E per portare all’attenzione pubblica il fatto che le donne tuttora hanno un ruolo secondario nella società non c’è bisogno né di una “festa” nella quale gli uomini fanno gli auguri (di che?) e regalano mimose, né di un falso storico. Un’analisi approfondita e interessante della questione si trova qui.

Paolo1984 ha detto...

Cara Rita

giusto per precisare: che la maggioranza (non tutte, ma certo la maggioranza) delle vittime dell'incendio della Triangle siano donne (immigrate italiane e dell'est Europa) è più che certo. Basta dare un'occhiata alla lista delle vittime pubblicata sul sito ufficiale dedicato al tragico evento. Purtroppo, ora come ora, non posso metterti il link, ma puoi trovarlo su Wikipedia basta che digiti "Incendio della fabbrica Triangle".
Comunque la strage di operaie a causa delle insicure condizioni di lavoro (i due proprietari rimasero impuniti, tra l'altro) è davvero avvenuta: non era il 1908, il padrone non si chiamava Johnson, e la fabbrica non si chiamava Cotton..e allora? Non mi pare un buon motivo per rinunciare all' 8 marzo (sappiamo tutti che Gesù non è nato il 25 dicembre non per questo si rinuncia al Natale) che comunque NON è una festa, ma è la Giornata Internazionale della Donna voluta dalle organizzazioni femminili che facevano riferimento all'Internazionale Socialista per riflettere sulla condizione femminile e lavorare per la parità.
Una ricorrenza progressista la cui importanza non va sminuita.

Rita Charbonnier ha detto...

Caro Paolo1984,

ti ringrazio per aver espresso il tuo pensiero e per esserti firmato. Scusami se mi permetto, ma mi sorge il sospetto che tu non abbia letto bene il mio articolo, prima di commentarlo. Se l’avessi fatto, ti saresti accorto che quello che tu chiami “sito ufficiale dedicato al tragico evento” è linkato nel corpo dell’articolo stesso (da un anno, perché questa pagina del blog risale a un anno fa).

Non so se il sito in questione possa essere definito un sito ufficiale. Nasce da un progetto universitario e raccoglie materiali di proprietà di una biblioteca universitaria americana; in ogni modo, che io sappia, è in effetti la fonte di informazioni in rete più completa sull’incendio della Triangle, almeno per il momento. Conosco la voce di Wikipedia che tu citi e mi fa sorridere sentirla indicare come fonte di riferimento, visto che io stessa ho dato sostanziosi contributi all’enciclopedia online e continuo a farlo non appena ho un po’ di tempo.

Il mio articolo non dice che non debba esistere una giornata internazionale della donna. Dove l’hai letto? Il mio articolo dice, riassumendo: la stampa italiana ha erroneamente fatto propria una ricorrenza inesistente; una ricorrenza che, nel luogo in cui è avvenuta, non è simbolo della condizione femminile ma di quella degli immigrati.

Quando ero una ragazzina l’8 marzo andavo in piazza a gridare slogan femministi. Adesso ricevo auguri, non capisco di cosa, e mimose in regalo. E nel parlare comune oggi è la “festa” della donna, non la “giornata”. Anche su questo mi ero espressa nel corpo dell’articolo, ma forse il passaggio ti è sfuggito; capita. Comunque, come vedi, sono proprio l’ultima persona a voler togliere senso ai simboli delle lotte femministe. Credo però che sarebbe opportuno ripensare un po’ la questione, e che un primo passo possa essere riconoscere onestamente le bugie che sono state dette.

Ciao e ancora grazie, Rita Charbonnier

Paolo1984 ha detto...

Sì, adesso rileggo e mi accorgo che il link l'avevi già messo tu.
Quel che mi premeva era ribadire il valore di questa giornata aldilà del fatto che non c'è mai stata una fabbrica Cotton andata a fuoco nel 1908. Sono temi che mi stanno molto a cuore e a volte forse esagero per “eccesso di zelo”
Vedi Rita, io come uomo sarò sempre grato al movimento di emancipazione della donna perchè insieme ad altri movimenti progressisti (quello operaio, ad esempio) si è battuto per un mondo più giusto e libero e contro tradizioni opprimenti. Certo il mondo in cui viviamo è tutt'altro che perfetto, spesso sembra che uomini e donne utilizzino male la loro libertà, ciò nondimeno bisogna difenderla perchè libertà e giustizia non si ottengono mai una volta per tutte, ma se almeno in Occidente stiamo un po' meglio rispetto a cento o sessant'anni fa lo dobbiamo agli uomini e alle donne che hanno, spesso con grave rischio, condotto quelle battaglie di progresso civile e sociale di cui il femminismo è parte integrante e dobbiamo anche considerare che queste conquiste civili e sociali specie per quanto riguarda le donne sono ancora assenti o difficili da raggiungere in tante parti del mondo dove il tradizionalismo religioso è ancora forte, purtroppo.
Certo le femministe e i progressisti in generale erano esseri umani, non erano perfetti e sicuramente avevano mille limiti, avranno commesso degli errori anche grossi, ma ciò che conta per me è che, nonostante tutto, stavano dalla parte del giusto.
Sembra retorico ciò che dico, ma io ci credo e non dubito che ci creda anche tu. Mi premeva solo ribadire ulteriormente certi concetti.

Ciao

Paolo1984 ha detto...

Poi sullo snaturamento che la Giornata dell'otto marzo ha subito nel corso del tempo, concordo con te.

Ciao

oskar ha detto...

Chi mai lo può sapere a questo punto!?!?! Sicuro è che abbiamo capito che dell'informazione fanno ciò che vogliono.
Intanto in molte parti del mondo si inizia a negare l'esistenza della Shoah, immaginate un po!!! Comunque un giorno per celebrare le donne è sempre e cmq giusto, c'è grande bisogno di sensibilizzazione contro ogni forma di violenza verso essa perchè pare la nostra civiltà non sia poi così civile come ama evidenziare.

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