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Vocile de copii si rolul lor in cadrul muzicii clasice

Enrico Cannata

„Vocile de copii si rolul lor in cadrul muzicii clasice”. Diversamente da come lascia intuire il titolo, l'argomento di oggi non si limiterà solo a spiegare come, nella storia, questo o quel compositore ha meglio impiegato come nobile espressione musicale la bianca voce dei bambini, ma piuttosto a stigmatizzare una prassi che barbaramente ha sacrificato la dignità di quei bambini al servizio della musica.

Innanzitutto è bene spiegare tecnicamente che cosa si intende per voce bianca. Voce bianca è il termine col quale nella musica si classifica la voce dei fanciulli, sia dei maschi sia delle femmine che dotata di tre registri, ma in realtà debolissima in quello di petto e debole in quello di falsetto, „rotonda, dolce, argentina” invece in quello di testa.

Il perché del „...loro ruolo nella musica classica”, sventurato o fortunato che sia, comincia con la nascita del gregoriano e va ricercato nel divieto alle donne da parte della Chiesa di cantare nei riti religiosi e l'esigenza di coprire le parti aeree nelle composizioni vocali.

Come tutte le Chiese dei Santi, le donne nelle riunioni tacciano, perché non e' stata affidata loro la missione di parlare; stiano sottomesse, come dice anche la legge ”, Questa citazione dalla prima Lettera ai Corinti, (XIV, 33-35) di San Paolo credo che già in parte possa dare una risposta alle motivazioni che hanno indotto i compositori ecclesiastici a utilizzare le voci infantili.

Cominciamo a spiegare come era organizzata la fucina del canto, che poi col tempo, diverrà la fonte di reclutamento di quei fanciulli piú dotati che passeranno attraverso il bisturi del cosiddetto „norcino” per essere destinati alla professione del canto.

L'istituzione che provvedeva ad educare i giovinetti destinati ad accompagnare le funzioni religiose nella Chiesa cattolica era la cosidetta schoala cantorum . Dalla prima schoala cantorum fondata da Papa Silvestro (334 circa) e riordinata da S.Gregorio Magno alla fine del VI sec., derivò la famosa scuola romana nel Laterano e, quindi, analoghe schoale cantorum sorsero nelle chiese di tutto il mondo.

La Schola Cantorum aveva un'organizzazione equilibrata. I fanciulli dotati di buona voce vi erano ammessi e vi rimanevano 9 anni per diventare, da pueri cantus , veri cantori. Le cappelle musicali delle basiliche romane avevano un numero di cantores tra i 16 e i 18 elementi compresi i 3 o 4 pueri cantores , che tenevano la parte del cantus .

Essi erano sotto la direzione di quattro Paraphonistae , piú abili e capaci di intonare anche gli assoli vocalizzati degli alleluja . Il primo Paraphonistae era chiamato primicerius (da primus in cera e cioé primo scritto nell'elenco della tabella di cera) ed aveva per aiutante un secundicerius . IL primicerius era il vero maestro insegnante e direttore di coro, avendo sopra l' arcicantor , che era di solito l'Abate di S. Pietro. Questa scuola fu la prima fucina dell'arte corale gregoriana che nei secoli della barbarie piú fonda, dal V all'VIII secolo, fu la sola espressione artistica dell'anima cristiana.

E furono le abbazie quelle che, nella pace dei chiostri, custodirono il culto degli studi e del canto, insieme alla pratica delle preghiere. Ma, purtroppo, il puero cantore al tredicesimo anno di età, a causa dello sviluppo ormonale, era destinato ad un'irrimediabile cambio della voce, e l'idea di perdere quell'indispensabile voce di soprano, dopo tanta fatica per educarla, significava „ricominciamo daccapo”!

L'idea della castrazione per non sciupare ”le fatiche” del maestro di canto, sicuramente fu la soluzione piú drastica ma efficace. La pratica dell'evirazione non era una novità a quel tempo, e se volessimo scomodare il mondo pagano antico, esempi di evirazione a scopo religioso e l'applicazione dell'esito di questo intervento al canto si rintracciano ovunque nell'area mediterranea: dall'autocastrazione dei sacerdoti babilonesi e fenici dediti al culto di Mylitta ed Astart, dee d'amore e di guerra, al sacrificio imposto ai custodi del culto di Osiride in Egitto, di Artemide ad Efeso, di Cibele in Frigia. Un corpo senza sesso era ritenuto mediatore piú stretto ed efficace tra l'uomo e la divinità.

Anche tra i primi padri della Chiesa cristiana non mancano esempi di questa prassi, basti pensare che, aspirando alla perfezione cristiana, Origene, il maggior teologo della Chiesa greca, vissuto nel III sec., si castrò per essere fedele ad un'interpretazione rigidissima del passo evangelico di Matteo, XIX sul quale tuttora la Chiesa di Roma fonda l'obbligo del celibato. Ma soltanto l'Italia inventò l'uso professionale della vocalità degli evirati.

Dodici anni era l'età limite per chi doveva essere costretto all'evirazione pro musica, prima cioè che l'emergere delle caratteristiche sessuali secondarie provocasse la muta della voce, con il conseguente ispessimento della laringe e delle corde vocali e la perdita di quella vibratile leggerezza che contraddistingue l'apparato vocale dei pueri cantores .

I castrati erano visti come una macchina per cantare costruita sfruttando le leggi biologiche. Il principio base fu quello di potenziare in esseri di età adulta, certe caratteristiche dei ragazzi: il ragazzo possiede, tra le voci bianche, quella che nella gamma naturale detta in gergo „di petto”, abbraccia il maggior numero di note: dal sib2 al re4 o mi4 . Abbastanza spesso, poi, l'estensione è la2 - fa4 , ciò significa dalle dieci alle tredici note piene del registro di petto contro la metà, circa, del soprano donna. Il vantaggio è evidente se si considerano la forza, la pienezza, il „mordente” della voce di petto o „naturale” rispetto ai suoni piú penetranti e ampi della voce di „testa” femminile.

Questi essendo i presupposti, l'ochiectomia arrestava la crescita della laringe prima della „muta”, e cioè prima che il ragazzo, causa l'abbassamento dei suoni di un'ottava che si verifica negli adulti, assumesse i caratteri di una voce virile. Si procedeva perciò ad un intervento sui testicoli (legatura del funicolo testicolare e anche in alcuni casi, l'asportazione) il cui risultato era la cessazione della secrezione del testosterone, ormone al quale si deve la crescita della laringe. La sterilità e il condizionamento della vita affettiva e sessuale, provocavano agli evirati persistenti depressioni, quella malinconia che incontriamo come una compagna abituale delle loro riflessioni.

Poiché le convenzioni morali del tempo proibivano l'evirazione come scelta degli adulti, il perfezionato apparato di finzioni prevedeva che fosse lo stesso ragazzino a desiderare l'intervento, ma lo stratagemma piú in uso, utile ad escludere la volontarietà dell'evirazione, era la fatidica „caduta da cavallo” o il morso di maiale, e poiché l'apprendista evirato, eccettuata la grafia musicale, era spesso analfabeta, altri redigevano la richiesta, beninteso -come si specificava- scrivendo sotto dettatura o facendosi comunque interpreti del piú intenso desiderio del „putto” che domandava quella carità.

Dopo l'evirazione, la maggioranza dei fanciulli sperava di venire accolta nei conservatori, ma poiché la domanda superava l'offerta, anche questo passaggio veniva monetizzato, con reciproci vantaggi: la famiglia si alleggeriva di un figlio da nutrire e crescere e dell'eventuale talent-scout che promuoveva la giovane merce ai maestri del conservatorio che l'acquistavano.

Nei conventi spagnoli già si nascondevano celati dalla definizione di falsettisti. E poiché la storia e la morale lo consentivano, poterono imporsi, prima nelle chiese, poi nei palazzi e nei teatri.

Determinante fu la Missa Papae Marcelli che assolse una triplice funzione: servì a Palestrina a liberarsi dall'influenza formale della scuola polifonica fiamminga, impedì che il Concilio di Trento escludesse dalla liturgia la „Musica figurata”, e motivò la scelta definitiva in favore dei castrati. Dunque, se era necessario privilegiare la monodia e la melodia, il fascino della voce doveva essere protagonista e l'incombenza non poteva certo venire assolta dalle tenui, poco educate, troppo brevi voci dei fanciulli cantori.

E' il 20 maggio del 1562 quando Francesco Torres viene assunto tra le voci di soprano della Cappella Pontificia: probabilmente è il primo e precede di pochi giorni -6 giugno 1562- l'arruolamento del famoso Francisco Soto de Langa, fanciullo cantore nella cattedrale di Burgo de Osma, trasferito a Roma, come cantore evirato nella Cappella Pontificia.

Il 7 aprile 1563 è la volta di Giovanni Figueroa. „Eunuco” è chiamato Giacomo Spagnoletto, dal 1588 primo soprano italiano. Ed è proprio nel 1588 che alle donne viene vietato di esibirsi nei teatri di prosa e lirici dello stato della Chiesa, estendendo un divieto che, nel canto sacro, era già in vigore dal IV secolo. Umbria Puglia e Campania sarranno la riserva fertilissima di evirati. Dopo che il Papa Clemente VIII (pontefice dal 1592 al 1602) ascolta il diciottenne Girolamo Rossini -detto Rosino-, comincerà a „sbarazzarsi” dei falsettisti spagnoli: „ne ho fin troppi” -disse- ma di voci buone una sola, quella di Rosino”. Da quel momento la castrazione è ammessa „al servizio di Dio”.

I primi evirati impegnati in parti femminili in teatro saranno Giovan Gualberto Magli interpretando la Musica e Proserpina nella prima rappresentazione dell' Orfeo di Monteverdi, e Girolamo Bacchini nella parte di Euridice sempre di Monteverdi. Questi sono gli uomini che hanno dato inizio a tre secoli e mezzo di sacrifio alla virilità al servizio della Musica. La nuova sensibilità cinquecentesca per la meraviglia e l'artificio, unita alla necessità di contrastare la riforma luterana e all'interdizione alle donne di cantare nelle chiese e nei teatri, a far emergere, a dilagare questa prassi.

L'epoca, tutta italiana e cattolica dei cantori evirati durò 350 anni, fino al 22 novembre 1903 quando, dopo molte migliaia di fanciulli fatti castrare, Pio X emana il Motu propriu de musica sacra in cui riafferma il „canto gregoriano come supremo modello della musica sacra” e ribadisce l'esclusione delle donne dalle parti di soprano e di contralto e intima il ritorno all'impiego dei fanciulli cantori. Queste sono le premesse per la definitiva soppressione deli evirati, che, rifiutati ormai da tempo dai teatri, si erano rifugiati nella loro prima culla, le Cappelle Pontificie. In quell'anno, il 1903, era attivo presso i „soprani naturali” della Cappella Sistina, Alessandro Moreschi, nato nel 1858 detto „L'angelo di Roma”, l'ultimo dei castrati come lo ha battezzato la casa discografica inglese Pearl/Opal, che ha pubblicato 17 sue incisioni tratte dall'archivio di Radio Vaticana. Dopo di lui, tutti gli altri -falsettisti, sopranisti, contraltisti- sono imitatori: nessuno è un naturale evirato cantore.

Se la Chiesa fu l'ultima istituzione a considerare estinta la vocalità degli evirati, il melodramma ne aveva decretato l'inattualità, provvedendo alla loro sostituzione, già dalla metà del XVIII secolo.

Siamo sul finire del XVIII secolo e Farinelli, il piú famoso castrato che la storia ricordi, già non si esibiva da trent'anni. Abbandonato il palcoscenico ancora giovane e nel pieno della sua carriera, per dedicarsi ad un unico spettatore, il suo benefattore e tiranno Filippo V, Re di Spagna, il grande Farinelli si ammutolì come gli eroi dei suoi melodrammi, spazzati via dal palcoscenico da altri personaggi, da altri ruoli comici e drammatici che il nuovo melodramma esigeva. Il tempo della storia sostituiva ormai quello della tragedia e del mito...Ora, poteva apparire sulle scene Gilbert Duprez, creatore del „do di petto”, di una vocalità aspramente maschia, come andava affermandosi nel gusto ottocentesco.

Rossini ascoltandolo interpretare il Guglielmo Tell si spaventò, commentando beffardamente: „Pare l'urlo di un cappone al quale si strozza la gola”. Troppo tardi per rimpiangere Farinelli, mentre incombeva il melodramma romantico. Mentre sriveva Parsifal Wagner ebbe una risipiscenza: immaginò che proprio Moreschi potesse dare la voce a Klingsor, (nel dramma autoevirato per mantenersi casto). Ma la memoria acustica del pubblico non avebbe potuto apprezzare, e il mago Klingsor ridivenne cupamente baritono.

Oggi, mentre l'elettronica ha imparato a campionare, riprodurre e confondere le voci maschili e femminili, mentre l'ingegneria genetica progetta ed applica inediti ibridismi, mentre gli ermafroditi degradano in viados e gli idoli del rock esibiscono apparente bisessualità, la non artificiale vocalità barocca negatrice dell'identità verum/factum, appare del tutto contemporanea. In quelle voci perdute si ritrova una possibile origine del potere stremante della manipolazione.

Il tempo di Farinelli è finito e comincia.

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