Una domanda: Quale è lo scopo dell’Osservatorio Politico Animalista?

Caro Staff di OPA e CacciaIlCacciatore,

tempo fa vi avevo fatto una domanda sollecitata da alcune provocazioni colte nella lista animalista di peacelink:

Quale è lo scopo, l'obiettivo ultimo dell' Osservatorio Politico Animalista?: solo documentare passivamente quello che fanno i politici; oppure anche orientare e stimolare la nascita di un movimento politico o di una forza sociale, chiamiamola pure Lobby animalista, antitetica alla lobby dei cacciatori e di tutti i "nemici" politici degli animali?

La domanda era sorta dopo un’affermazione fatta da un’interlocutrice nella lista che mi aveva fatto notare, con tono polemico, che CacciaIlCacciatore non è un sito riguardante il problema animale ma è rivolto piuttosto al problema della sicurezza dei cittadini messi in pericolo dai pallini “vivaci” dei cacciatori sparati nelle campagne e in vicinanza di abitazioni.

Leggendo queste affermazioni ho pensato che anche se il sito fosse rivolto solo ai cittadini e non agli animali, avrebbe, comunque, il fine implicito di combattere la caccia e a guadagnarci saremmo comunque tutti, uomini e animali. Inoltre, conoscendo i promotori so che il sito non è rivolto solo ai cittadini, e che le modalità di comunicazione usate hanno la valenza tattica di portare la problematica della caccia al comune cittadino, il che vuol dire cercare il suo appoggio per combatterla.

Escludere a priori un’apertura verso coloro che vivono ancora in un’ottica antropocentrica e carnivora vuol dire rinunciare a comunicare le nostre idee sul fronte più difficile, che è quello di coloro che ancora la pensano diversamente, ed è composto dalla gente comune e disinformata.

Purtroppo l’Italia - più di molti altri paesi occidentali - ha una cultura fondamentalmente antropocentrica e carnivora, sia per il retaggio culturale e religioso di stampo cattolico, sia per la “grande” tradizione culinaria. Il non umano è, infatti, da noi considerato un grande serbatoio di risorse prive di anima, mere cose da consumare e manipolare a piacimento.

Questo atteggiamento culturale è dovuto in parte anche alla mancanza di informazione e di sensibilizzazione a certe problematiche legate all’ambiente e al rispetto di piante e animali, che dobbiamo imparare a riconoscere come esseri viventi che reclamano diritti.

Come è possibile abbattere queste barriere culturali che sembrano invalicabili?

Innanzitutto comunicando, nella maniera più ricettiva e aperta possibile, messaggi comprensibili a tutti, non solo agli animalisti. Sarebbe perciò necessario utilizzare una comunicazione semplificata con strumenti di mediazione linguistica capaci di far recepire il messaggio biocentrico e antispecista in maniera non aggressiva mediante un linguaggio comprensibile alla stragrande delle persone.

Oltre a sviluppare un lavoro politico, bisognerebbe fare innanzitutto un lavoro culturale profondo e difficile, che richiede la sospensione momentanea di parte delle nostre posizioni più dure. Questo senza perdere o snaturare le caratteristiche essenziali del movimento.

La cultura antispecista e i suoi obiettivi sono il traguardo finale da raggiungere, ma i mezzi da utilizzare per raggiungere quel traguardo potrebbero essere differenti ed esulare temporaneamente dalla nostra visione etica.

Se vogliamo che i nostri valori trovino il giusto spazio, il giusto significato e il logico sviluppo in una società ancora arcaica e reticente verso tematiche animaliste, dobbiamo utilizzare mezzi adeguati che trascendano la concezione manichea dei “pochi ma buoni”. Dobbiamo diffondere le nostre idee ovunque, accogliendo nei nostri gruppi chi ancora non riesce vedere la realtà con nuovi occhi e aiutare a pensare l’alterità non umana in una nuova prospettiva etica. Per questo serve un grande e difficile lavoro di dialogo e mediazione culturale.

I cacciatori si muovono uniti tatticamente, e seguono una loro visione a volte demagogica (ad esempio quando si travestono da ecologisti e protettori della natura per far presa sul comune cittadino); essi hanno una loro cultura e sanno benissimo come trasmettere i loro messaggi; sono capaci di pressioni politiche strategicamente perfette, e pur essendo una minoranza – equivalente all’1% della popolazione italiana- si muovono come una lobby vincente. Pur avendo diverse tendenze politiche i cacciatori riescono ad ottenere comuni obiettivi politici, esercitando pressioni sui partiti di ogni colore a seconda delle realtà regionali e delle contingenze legislative.

I cacciatori mai rinunciano alle scelte politiche personali e ai loro “valori” ma uniscono le loro forze al momento giusto secondo la logica universale delle lobby vincenti, che dice:

“Tu avrai i nostri voti se farai come ti chiediamo”.

Perché i cacciatori vincono le loro battaglie politiche e gli animalisti no?

Forse perché riescono ad avere un’identità e degli obiettivi univoci e non pluralisti come accade agli animalisti, che tendono ad essere dispersivi soprattutto nel metodo?

La debolezza degli animalisti sta nell’impossibilità di comunicare e unirsi tra loro?

C’è tra noi una letale incapacità di unirci strategicamente?

Forse gli animalisti sono immobilizzati dal loro senso di giustizia morale che non gli permette di agire seguendo strategie coerenti - e, forse, secondo loro “machiavelliche” - come quelle dei cacciatori?

La petizione non è già una forma di lobby?

Perché la lobby politica animalista non dovrebbe funzionare, mentre si pensa che le petizioni funzionino e uniscano migliaia di persone che hanno posizioni comuni su determinate questioni, anche internazionali, come ad esempio la caccia alla balena?

Il boicottaggio turistico che deriva da questa protesta non è già una forma di pressioni lobbystica?

Le lobby affrontano i problemi singolarmente, ed usano lo stesso meccanismo della petizione, ma con una marcia in più: la pressione politica.

Perché le petizioni funzionano e le lobby politiche no?

La moltitudine delle persone che firmano in tutto il mondo contro la caccia alle balene o i massacri delle piccole foche non formano, de facto, una lobby?

Mi sembra che CacciaIlCacciatore, stia, in effetti, organizzando delle lobby “animaliste” composte da comitati di cittadini che si attivano per contrastare la “lobby” della caccia; questi “gruppi di pressione” non stanno unendo solo animalisti ma anche cittadini e operatori turistici.

Secondo il mio parere questa potrebbe essere la tattica vincente.

In questi comitati, infatti, vengono accolti tutti coloro che vogliono battersi contro la caccia per i più svariati motivi, anche per interessi economici e non solo etici.

Il mio motivo personale è profondamente etico: per me l’animale e la pianta hanno i diritti di una “persona” e perciò sono degni di rispetto. Ebbene, nella lotta io sarò – probabilmente – affiancata da un albergatore che non desidera vedere i suoi profitti polverizzati dall’orrore che provocano gli stermini dei cacciatori. Ma nel momento in cui l’albergatore difenderà gli animali anche lui comincerà a guardare con nuovi occhi il problema e forse diventerà animalista.

Sicuramente al mio fianco si schiereranno molti carnivori, li cacceremo?

O li aiuteremo a scoprire con nuovi occhi il mondo animale e vegetale?

Si legga la testimonianza del sabotatore inglese, intervistato da Ricci, che entrato nel movimento da carnivoro, si è, dopo qualche anno, convertito al veganismo, passando attraverso il vegetarismo.

Una lobby che si batte contro la caccia è, inesorabilmente, una notevole riserva di potenziali animalisti.

Quanti tra i componenti di questi comitati sono animalisti?

Quanti animalisti potenziali?

Quanti sono vegetariani?

Quanti sono vegetariani potenziali?

Cercando un obbiettivo comune, si uniranno anche le idee.

Queste forme lobbystiche embrionali si porranno obbiettivi politici e creeranno forme di pressione e, senza rinunciare alla propria visione politica, agiranno per il bene degli umani e degli animali, cercando di ottenere un cambiamento radicale.

Quello che manca al movimento animalista è un nucleo forte e orientatore capace di produrre cerchi concentrici di assorbimento culturale delle idee dei vari movimenti che più si avvicinano alla sua visione (ad esempio le idee dei gruppi no global, di sinistra, dei gruppi giovanili, dei circoli culturali ecologisti o di controinformazione sociale.)

Due anni fa lo stesso Partito dei Verdi, aveva proposto nei suoi programmi l’apertura e la gestione di Forum animalisti, ma forse per mancanza di organizzazione la cosa è rimasta lettera morta. Perché non riproporre qualcosa del genere?

Io parlo da osservatrice con nessuna competenza politica, ma seguo l’andamento delle varie correnti animaliste, e purtroppo non vedo mai un momento di unione, di conciliazione, di simbiosi per il raggiungimento di obiettivi comuni. E penso che questo sia uno dei più grandi limiti e ostacoli da superare da parte del movimento.

Il movimento animalista si presenta come un grande caleidoscopio senza forma stabile.

I cacciatori, invece, la hanno. E sono politicamente e strategicamente solidi.

Nell’animalismo impera la frammentazione e i più si battono da soli, come cani sciolti in battaglie lunghe e frustranti.

Ma la forza esiste principalmente nel numero e nell’organizzazione.

Manca uno spazio culturale omogeneo di comunicazione e identità, questo è il grande problema, forse bisognerà lavorare molto sulla costruzione di questa identità.

L’Osservatorio Politico dovrebbe monitorare e unire le tendenze del movimento rispetto alla battaglia politica animalista, e fungere da mente organizzatrice del programma. CacciaIlCacciatore invece, che è la parte pratica di questo programma, dovrebbe realizzare gli obiettivi secondo specifiche strategie.

Se i Comitati anticaccia riusciranno a nascere e a diffondersi significherà che il progetto della svolta politica animalista sarà già in atto e, a quel punto, l’OPA potrà monitorare e raccogliere le opinioni dal movimento che, forse, riuscirà a crescere e a uscire dal suo autismo compassionevole pieno di potenziale energia rivoluzionaria.

Cerchiamo di unire le idee e le forze al più presto!

Grazie…ai promotori e a coloro che stanno tentando, attraverso l’apertura di questo scambio di idee, una svolta politica e culturale.

Paola Bozzi

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